Diavolino - Diavolo - Rondenino - Aga
(traversata per cresta) 11/08/2018

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Con i soci Ale e Daniele. Sapevamo che sarebbe stata un’avventura e le aspettative non sono state deluse… Una traversata in cresta che rappresenta una vera propria cavalcata orobica doc. Uno spezzone di corda, 5 cordini e qualche fettuccia e moschettone dovrebbero essere sufficienti… Tranne il Rondenino, cime conosciute; Ale, che guida e ha esperienza e preparazione, anche il Rondenino. La traversata Rondenino - Aga è sconosciuta a tutti. Una premessa: raccomando a chiunque attenzione, ci sono moltissime vie tecnicamente più difficili, ma individuabili conosciute e percorse frequentemente. Questa, in particolare la cresta Est del Rondenino, dalla bocchetta di Podavit è molto articolata e di non facile individuazione e su terreno instabile… Non è escursionismo, am non è neppure una via di roccia. Dire II°+ o III° significa poco. Tradotto: non è il Canalone Porta in Grignetta

Sfruttiamo la jeep del rifugista (i fondamentalisti non sarebbero d’accordo, ma lasciamo a loro l’interpretazione dei libri sacri) che da Carona ci lascia alle Baite costa della Mersa (1894mt). Sono le 6.30 e fa anche freschino per cui saliamo veloci verso il rif Calvi per un caffè e successivamente ci incamminiamo sul sentiero 225 che passa dalle baite del Poris e raggiunge la piana della sorgente del Brembo. Qui deviamo a dx per il passo di Valsecca (2496mt), giunti al quale si sale a dx la ripida costa prativa del Diavolino. Mi piace l’ombra e il freddo del mattino in montagna: mi risveglia la mente, mi racconta la severità dell’ambiente, mi prepara alle fatiche, mi richiama dalla pianura alle terre alte. Ma c’è anche molto divertimento cinghialesco, altrimenti perché saremmo qui? I colossi qui mostrano i loro piedi d’argilla, l’uomo qui è piccolo, mostra tutte le sue debolezze. Quindi preferiamo salire come cinghiali, che fingerci paludati e navigati alpinisti. Arrivati alla base delle rocce diventiamo responsabili e ci imbrachiamo e iniziamo la bellissima salita su roccia buona. Ci si diverte molto su terreno facile con un solo saltino un pò più ostico. In cima al Diavolino (2810mt) alle 10 già arriva la prima foschia dalle valli a disturbare il panorama. La discesa tranne un tratto è su sfasciume e detrito, ma non particolarmente difficile. Scesi all’intaglio tra i due Diavoli (2750mt) si arriva allo speroncino che preferiamo arrampicare, che non aggirare. Personalmente dopo averlo salito, sono sceso non lungo la placca povera di appigli, ma sul versante che precipita a sud. E’ più appigliato, ma molto esposto… Poi nuovo divertimento su roccia a tratti ottima e con passaggi sempre più semplici e che permettono anche divagazioni per cercarsi qualche saltino più divertente. La cima del Diavolo (2914mt) ci aspetta e ci regala altra foschia inoffensiva. Scendiamo rapidi, ma con attenzione per non smuovere sassi, visto che oggi c’è molta gente sul percorso. So cosa ci aspetta, con timore reverenziale da anni guardo la cresta Est del Rondenino scendendo dal Diavolo, mi è sempre sembrata inarrivabile. Oggi non la guardo… spesso quando devo salire una cima che ritengo difficile non pongo lo sguardo alla sua sommità, ma la avvicino passo dopo passo. Siamo alla bocchetta di Podavit (2624mt). La foschia non ha ancora il volto delle nuvole cumuliformi, per cui proseguiamo lungo il filo di cresta in direzione Rondenino. Da questo momento tutto è da scoprire e vivere passo dopo passo, non incontreremo più nessuno fino al rif. Longo.. Il filo di cresta è molto estetico, dal versante valtellinese precipita con una lunga ed inclinata placca, su cui in qualche punto ci si appoggia appigliati. Il tutto è semplice fino al punto in cui la cresta impenna verticalmente e bisogna individuare una cengia che taglia il versante bergamasco del monte. Qui inizia il cinema… la cima è raramente frequentata, per cui scordarsi ometti e altro. Dopo un po' non individuo neppure più tracce di ungulati. Ci sarà pur una ragione se alla base del monte capita di vedere ossa di animali. Questo versante è veramente dirupato, interrotto da canaloni franosi in cui scende di tutto solo con uno sguardo e le cenge erbose diventano un labirinto… Il problema non è il grado di difficoltà su roccia, il problema è trovare roccia sana. Abbiamo in mano delle relazioni, ma qui sembra tutto uguale e ogni spostamento di un metro crea difficoltà di orientamento. Perdiamo un sacco di tempo e saliamo in diagonale ascendente, capendo troppo tardi di aver commesso l’errore di aver puntato e praticamente raggiunto l’anticima. Intanto la foschia ha lasciato il posto alle prime nuvole cumuliformi che coprono il versante Seriano e coprono già i Diavoli. Scendiamo su terreno insidiosissimo e disarrampicando in notevole esposizione e cerchiamo di traversare dove più agevole i vari canaloni. Facendo attenzione alla sottostante traccia, cerchiamo di bonificare il percorso dai massi instabili. Psicologicamente teniamo perché Ale è sicuro, io e Daniele stiamo bene, ma un temporale qui non sarebbe una bella cosa. È tardi, sono le 14, dobbiamo darci un limite. Studiamo una via rapida di fuga, ma sappiamo bene che a questo punto dobbiamo arrivare in vetta. Abbiamo il gps e a spanne dovremmo essere sulla verticale della cima. Decidiamo di superare un ultimo canale che probabilmente andava risalito a dx per trovare meno difficoltà. Siamo su uno sperone roccioso (crestina sud) aereo, ma ci sembra più affidabile. Finirà… si vede il cielo; capiamo che è la vetta (2747mt) da un ometto tozzo e un po' sfatto… Siamo fuori dalle difficoltà maggiori e dai rischi di incrodarci nel nulla, ma alle nostre spalle le cime sono scomparse e probabilmente sul Madonnino e Cabianca probabilmente già piove, il vento da Sud non dice nulla di buono. Vediamo però il sole sulla val d’Ambria, il Bernina e tutta la Valtellina e l’esperienza ci dice che col sereno sul versante valtellinese abbiamo ancora autonomia. Con lo sguardo seguiamo la cresta fino al lontano monte Aga. Ci sono almeno tre cimette intermedie e quindi altrettante salite e discese. Iniziamo la discesa sulla cresta Ovest, prima sul filo e poi su un canalino sfasciumato appena appoggiato sul versante bergamasco. Il terreno è ancora difficile e articolato, soprattutto scendendo, poi si fa sempre più intuibile fino ad un intaglio, l’unica reale via di fuga verso il passo della Scaletta, penso. È il punto di non ritorno: arrivano, con qualche ventata, le prime gocce; un rapido consulto: è solo un riporto di pioggia, la Valtellina si impone investendoci con inaspettati raggi di sole. Proseguiamo e arriviamo ad una paretina che sembra invalicabile, in realtà se si tiene sempre il filo si trova il lato debole: un canalino appoggiato verso sx, non difficile, ma un po' esposto al cui culmine, un po' nascosto si trova un vecchio chiodo rosso. La sensazione dopo ore è di avere il contatto con la civiltà… siamo in bolla, poco più in alto vediamo una cima con un ometto e poco più in là la cima dell’Aga. Ci giriamo indietro la piramide del Rondenino fa paura da questa angolazione e non capiamo coma ne siamo scesi… Il morale cresce, il tempo migliora addirittura… le gambe dopo salite e discese chiedono pietà, ma non ne abbiamo… le ultime lame di roccia ci consegnano all’Aga (2720mt) che ci sembra un porto sicuro e una cima larghissima dopo tutta l’esposizione e precarietà sperimentata. Mangiamo e beviamo, per la tensione l’abbiamo quasi dimenticato. Sono le 17 e scendiamo a Nord verso il passo di Cigola, sgombro dalla neve. Siamo leggeri il viaggio è alle spalle, salutiamo gli stambecchi cuccioli che giocano sotto gli occhi delle madri su terreno facile. Educazione orobica… anche per me oggi è stata una vera e propria scuola. Siamo al lago d’Inferno due passi ed eccoci al Longo per una meritata birra; poi interminabile discesa fino a Carona. 12 ore per l'intero giro.

Commenti

Emanuele Musitelli 5 anni, 7 mesi

coplimenti per la gallery ,ricca e con ottime immagini ,ciao

  • maurizio golia 5 anni, 6 mesi

    Grazie!