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Dalla Valle d’Aosta a Lecco
Barmasse parla di sicurezza

01 Agosto 2017 / 16:00
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Dalla Valle d’Aosta a Lecco
Barmasse parla di sicurezza

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Ecco la testimonianza di Hervè Barmasse, alpinista che nell'ultima sua impresa sullo Shisha Pangma, nella catena dell'Himalaya, ha utilizzato l'attrezzatura di Garmin inReach®

A parlare è Hervè Barmasse. Con quello sguardo tipico di chi ha vissuto mille avventure nei luoghi più reconditi del pianeta, pur continuando a rimanere innamorato del suo Cervino, Barmasse è uno degli ultimi alpinisti romantici. L’occasione per conoscerlo e per porgli qualche domanda si è presentata lunedì 3 luglio, in occasione dell’evento organizzato da Garmin a Onno (Lecco) per presentare la nuova collezione Outdoor ai retailers della Lombardia.

In realtà a farla da protagonista (insieme a Hervè, naturalmente) è stato il nuovo inReach®, il Gps outdoor di Garmin che il forte alpinista ha utilizzato in occasione della sua ultima spedizione sullo Shisha Pangma (Tibet, catena dell’Himalaya). Con sistema di comunicazione satellitare Iridium integrato, questo innovativo prodotto garantisce non solo l’orientamento durante una uscita (che sia in montagna o per mare: InReach® può essere infatti usato anche nell’ambito della navigazione) ma soprattutto di inviare e ricevere messaggi o richieste di soccorso (grazie all’intuitivo tasto contrassegnato con Sos). Il sistema funziona anche nelle aree più disperse del mondo in quanto comunica via sms o email con una centrale sempre operativa del centro di emergenza Geos.

Reinhold Messner ed Hervè Barmasse

E così, dalla Valle d’Aosta al lungolago di Lecco, eccoci faccia a faccia con uno di quegli alpinisti che ancora sono capaci di far sognare. Persino uno dei padri dell’alpinismo, il “difficile” Reinhold Messner, nei confronti di Hervè non ha altro che parole positive e di incoraggiamento: “Tempo fa dissi che l’alpinismo era fallito, ma oggi dico no, non è vero, perché a portarlo avanti ci sono giovani come Hervè Barmasse”.

Guida alpina, istruttore delle guide, tecnico del Soccorso alpino, il 21 maggio 2017 il valdostano è arrivato, insieme al tedesco David Gottler, in vetta allo Shisha Pangma. Tredici ore per raggiungere quota 8.024 metri in perfetto stile alpino. Compiendo l’ascesa della parete sud ovest, senza ossigeno, senza corde fisse, senza campi intermedi e senza portatori. Un’impresa potenzialmente rischiosa e, per Barmasse, anche il primo Ottomila. Un’impresa da studiare, programmare in ogni minimo dettaglio per ridurre ragionevolmente il fattore di rischio, anche se poi, a conti fatti, la parola “sicurezza” in montagna va usata con doverosa cautela.

Hervè, che senso ha, a suo parere, la parola “sicurezza” abbinata all’andare in montagna?

“La totale sicurezza, quella al 100%, è impossibile. In montagna come nella vita. Nessuno può assicurare che non accadrà nulla. E questo per quelle che sono le caratteristiche stesse dell’ambiente montano, che presenta pericoli oggettivi e talvolta non prevedibili. È possibile però ridurre ragionevolmente il fattore di rischio e, se vogliamo parlare in percentuali, avvicinarsi al 100% di sicurezza. Come? Attraverso la cultura della montagna, in primis, e la tecnologia moderna, che permette cose che fino a soli 10 anni fa erano impensabili”.

Quali sono gli strumenti tecnologici che ci permettono di orientarci e di chiedere aiuto in caso di necessità?

“Sono tre e li elenco dal meno al più sicuro: il normale telefono (cellulare-smartphone), il telefono satellitare, fino ad arrivare al sistema InReach® di Garmin, che in Italia è appena approdato, ma che negli Usa è utilizzato da tempo”.

Quale differenza c’è tra un Gps con integrato un sistema di comunicazione satellitare come InReach®, utilizzato nell’ultima ascesa, e un normale telefono satellitare?

“Il telefono normale (non satellitare) ha problemi non solo di batterie, ma anche di copertura. Il satellitare ha (in genere) copertura, ma le batterie (anche per via delle temperature) durano poco. InReach® ha una batteria praticamente infinita e una copertura assoluta perché il sistema Iridium di cui è dotato lavora su satelliti mobili e non fissi (come invece accade per molti telefoni satellitari) garantendo quindi una ricezione maggiore anche in zone più accidentate come valli molto incassate, dirupi, pareti verticali. Inoltre non dimentichiamo che oltre a funzioni di comunicazione ha anche un validissimo come Gps. Inoltre, una volta che viene premuto il tasto Sos, si può essere certi che qualcuno, dall’altra parte, lo riceverà (cosa di cui non si può invece essere sicuri se si invia un messaggio tramite telefono)”.

In quali occasioni consiglia, in veste di guida alpina, l’utilizzo di questa strumentazione?

“Uno strumento che aumenta la nostra sicurezza durante le attività outdoor è sempre utile, bisogna utilizzarlo sempre, soprattutto per prendere dimestichezza con la sua tecnologia. Non basta possedere la strumentazione, è fondamentale saperla usare”.

Avete raccontato di esservi fermati a tre metri (sì, proprio tre metri) dalla cima. Come mai? Cosa è accaduto? Possiamo anche in questo caso parlare di “ricerca della sicurezza”?

“Sì. Solo ed esclusivamente per la sicurezza. Il tempo era bello, noi stavamo bene, ma c’era una cornice di neve importante e il manto nevoso continuava ad assestarsi passo dopo passo, segno evidente del possibile distacco di valanghe. Per questo motivo ci sembrava stupido continuare, anche se mancavano solo tre metri alla cima. Inoltre l’impresa, se di impresa si può parlare, era stata la salita della parete sud in 13 ore con i pochi mezzi da noi utilizzati che contraddistinguono l’alpinismo puro da quello praticato dal 99,9% degli alpinisti sulle 14 montagne più alte della Terra, lo stile himalayano”.

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