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Paura per Moro e Lunger: videomessaggio a Orobie

20 Gennaio 2020 / 13:26
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9784
Scritto da Redazione Orobie
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Paura per Moro e Lunger: videomessaggio a Orobie

20 Gennaio 2020/ 13:26
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Dopo l'incidente nel quale hanno rischiato di perdere la vita Simone Moro e Tamara Lunger hanno deciso di concludere la spedizione. Sono stati evacuati dal campo base per essere sottoposti ad accertamenti medici. Da Skardu, in Pakistan, ecco il VIDEOMESSAGGIO DELL'ALPINISTA BERGAMASCO.

Sabato, durante l'ascensione al Gasherbrum I, una voragine si è aperta sotto i piedi di Simone Moro, che è precipitato per 20 metri in un crepaccio. I due alpinisti erano diretti a campo 1 e stavano superando il ghiacciaio.

In questo videomessaggio da Skardu, in Pakistan, ecco l'aggiornamento di Simone Moro a Orobie su quanto è successo e sulle condizioni di Tamara Lunger:

E' Simone Moro, nella sua pagina Facebook a raccontare l'accaduto:

"Tutto è bene quel che finisce bene. Senza stare a girare troppo attorno al concetto, ieri siamo arrivati veramente a un soffio da un epilogo tragico e funesto sia per me che per Tamara. Eravamo intenzionati a passare due notti sulla montagna, raggiungere campo 1, dormire lì e il giorno dopo dirigerci verso campo 2.

Eravamo finalmente fuori dalla cascata di ghiaccio, avevamo superato anche l’ultimo grosso crepaccio e procedevamo sul plateau sommitale. Sempre legati perché sapevamo che i crepacci erano sempre in agguato e antenne sempre dritte ma il morale alto e la soddisfazione di aver superato tutto il labirinto di ghiaccio grande. Ma la giornata non era finita e quello che ci aspettava terribile.

Approcciando un crepaccio mi sono messo come sempre in posizione per assicurare Tamara che per prima lo ha attraversato e si è poi portata in zona di sicurezza, 20 metri oltre il crepaccio. Poi è venuto il mio turno e dopo una frazione di secondo, mi si è aperta una voragine sotto i piedi e sono precipitato. Tamara ha subìto uno strappo tanto violento che è letteralmente volata fino al bordo del crepaccio e io in caduta libera a testa in giù per 20 metri sbattendo schiena gambe e glutei sulle lame di ghiaccio sospese nel budello senza fine in cui continuavo a scendere. Largo non più di 50 centimetri, tutto buio.

Sopra Tamara aveva la corda avvolta intorno alla mano e gliela stringeva come una morsa e le provocava dolori lancinanti e insensibilità. Io ero al buio e lei lentamente scivolava sul ciglio del crepaccio. Il tutto complicato dal fatto che lei aveva le racchette da neve ai piedi. Sono riuscito con una mano a mettere un primissimo precario ancoraggio e, pur sentendomi lentamente scendere verso l’abisso ho avuto la lucidità di prendere la vite da ghiaccio che avevo all’imbrago e fissarla nella parete liscia e dura del crepaccio. Quella vite ha fermato lo scivolamento mio e la probabile caduta nel crepaccio di Tamara.

Da lì, senza entrare nei dettagli, ci siamo inventati il modo di uscire. Quasi due ore dopo. Contorsionismi e mille sforzi mi hanno permesso al buio e schiacciato tra due pareti larghe 50 centimetri e risalire in piolet traction tutto il crepaccio.

Tremolante e con mille contusioni ho abbracciato Tamara che piangeva anche dal dolore alla mano. Mentre salivo era riuscita ad organizzare una bella sosta di recupero e ad assicurarmi mentre scalavo i 20 interminabili metri di ghiaccio liscio. Siamo scesi al campo base che, già allertato e rassicurato via radio.

Oggi ho organizzato l'evacuazione con richiesta di accertamenti medici per entrambi. Oggi i dolori sono più forti e la mano di Tamara parzialmente insensibile e non utilizzabile."

Scrive Tamara Lunger, ripercorrendo quei momenti drammatici: "Ho fatto di tutto e di più, il tempo sembrava infinito e alla fine potevo scordarmi dei pensieri di morte, grazie a Dio! Tutti e due abbiamo lavorato al meglio per far venire fuori Simone... Siamo salvi adesso! La mano ha pagato fortemente, siccome ho tenuto appesi al pollice, per almeno 2 minuti 90 chili di Simone più lo zaino. Ho gridato come una persona che viene uccisa, e capivo cosa stava per accadere... Ho affrontato tutto il lavoro con una mano, tra fiducia e lacrime."

Obiettivo della spedizione era il Gasherbrum I, sul quale Simone Moro non è mai salito; e il tentativo di concatenamento con il Gasherbrum II, impresa compiuta nell'estate del 1984 da Reinhold Messner e Hans Kammerlander. 

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