Articolo

IL RATTO

26 Ottobre 2023 / 15:48
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897
Scritto da Maurizio Teruzzi
Fotografie di Maurizio Teruzzi
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IL RATTO

26 Ottobre 2023/ 15:48
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Scritto da Maurizio Teruzzi
Fotografie di Maurizio Teruzzi

Molti lettori, al solo leggere il titolo, proveranno un senso di paura mista a ribrezzo e ad onor del vero, l’articolo che segue non parla certo di un batuffolino di morbido pelo da accarezzare piacevolmente. Al contrario, parleremo dei ratti ( dal latino: rapidus = veloce) sia di quello comune: il ratto nero o ratto dei tetti o ratto delle navi o ratto domestico o ratto alessandrino (Rattus rattus) da sempre compagno dell’uomo e originario dell’Asia ma da circa 9 secoli con cittadinanza europea, sia del cugino anch'esso asiatico ma arrivato da noi "solo" nel 1600 circa ma ormai stabilmente insediato in ogni dove ovvero il ratto bruno o ratto delle chiaviche o surmolotto o ratto grigio o pantegana o ratto norvegese (Rattus norvegicus). Ambedue appartengono all’ordine dei Roditori ed alla famiglia dei Muridi. Il primo è frequentatore abituale di soffitte e sottotetti ed in generale luoghi elevati ed asciutti, addirittura chiome di alberi da frutto. Agilissimo arrampicatore, riesce a salire in verticale su muri, corde e tubi e di conseguenza riesce ad arrivare praticamente dappertutto. Questo, grazie anche alla mobilità delle costole comune a tutti i Muridi che comprimendosi agevolmente, permettono al ratto nero di passare attraverso pertugi piccolissimi, raggiungendo così la fonte di cibo precedentemente localizzata con l’olfatto. La dieta del ratto nero è onnivora, ma specialmente orientata ai vegetali e soprattutto alla frutta. Attivi soprattutto di notte ma alcuni individui , cacciati dal gruppo o feriti, sono visibili anche di giorno. La gerarchia dei gruppi è ferrea ed ogni individuo riconosce con l’olfatto un appartenente al clan o meno e il livello sociale dello stesso, quindi si comporta di conseguenza, aggredendolo se estraneo, sottomettendosi o sottomettendolo a seconda del grado sociale, se appartenente alla stessa tribù. Nei gruppi poco numerosi questo sistema funziona bene, quindi la gerarchia sociale è ben definita, tramite lotte periodiche per riaffermare il proprio ruolo dominante e di conseguenza l’aggressività è mantenuta entro limiti accettabili. Al contrario nelle colonie numerose quest’ordine viene meno e l’anarchia impedisce la prosperità del gruppo in quanto, restando ogni individuo sulla difensiva, vengono meno gli scambi di informazione sulle fonti di approvvigionamento, condizione necessaria per la prosperità del gruppo. Torniamo all’etologia del ratto: solo le femmine costruiscono il nido, tra il legname, sotto i pavimenti, dietro i tubi e si riproducono tutto l’anno con 5-6 generazioni ciascuna di 5 –7 piccoli che all’età di 4 mesi sono già in grado di riprodursi. Si penserebbe ad un numero impressionante di ratti, ma ancora una volta la Natura, madre e matrigna meravigliosamente impietosa, interviene e limita il numero di individui che potranno riprodursi: con il cannibalismo dei maschi adulti, la predazione di rapaci diurni e notturni, dei gatti, dei mustelidi (donnole, faine, ecc.) dei serpenti e … dei veleni sparsi dagli umani insomma si arriva fino al 90% di mortalità “infantile”. Come distinguere il ratto nero da altri Muridi: lunghezza massima del corpo 190mm, coda 220mm , quindi più lunga del corpo, muso appuntito, orecchie lunghe, corporatura snella, pelo liscio e generalmente nero. Il surmolotto invece, pur essendo organizzato gerarchicamente come il ratto nero, è molto più aggressivo, più carnivoro, cibandosi di animali sia vivi che morti, oltre che di vegetali e sembrerebbe, anche più “intelligente” sapendosi organizzare in bande che operano con un piano organizzato per limitare i danni ed ottimizzare i risultati, un esempio si ha quando, per attraversare una zona scoperta, gli individui si comportano come marines in missione ovvero attraversano lo spazio ad alto rischio uno alla volta in modo da limitare le perdite dovute ad eventuali predatori o passaggio di autovetture. Questo comportamento, è evidente, implica uno scambio d’informazioni in un modo ancora poco conosciuto, ma sicuramente efficace, in quanto anche in caso di veleni sparsi dall’uomo, il surmolotto sembra avvisare i suoi simili del potenziale pericolo perché i risultati della campagna di derattizzazione non sono mai all’altezza delle aspettative. Per fare un confronto con il ratto nero ecco alcuni dati morfologici del surmolotto: lunghezza massima (finora conosciuta!) 270 mm, coda 230 mm, quindi più corta del corpo, orecchie corte, muso meno appuntito del ratto nero, corporatura robusta, pelo ispido e di colore bruno chiaro, ma con molte varianti. Il surmolotto ha ormai invaso tutto il mondo e nella lotta per la sopravvivenza ha sicuramente vinto il ratto nero, relegandolo nelle soffitte e nei ruderi. Questi ratti provocano gravi danni alle derrate alimentari, direttamente mangiandole ed indirettamente contaminandole con le deiezioni e veicolando terribili malattie come la peste, ma anche leptospirosi, salmonella, colera, tifo, rabbia e tubercolosi. A questo punto dovrei scrivere che tutto questo è bene perché la Natura, se ha creato il ratto, avrà certo avuto uno scopo! Mi costa fatica... ma solo per un momento, in quanto con una mortalità del 90%, quindi con un indice di fecondità elevatissimo, i ratti rappresentano una fonte di proteine inesauribile per tutti i loro predatori, di conseguenza l’assioma: “ c'è, quindi ci vuole” che esprime la Natura per ogni essere, anche questa volta è sicuramente dimostrato. Nota curiosa: il nome specifico, norvegicus, deriva da un errore di valutazione del naturalista inglese Berkenhout che lo ha descritto per primo in Inghilterra nel 1769 il quale vedendo scendere numerosi di questi animali da navi norvegesi attraccate nei porti inglesi concluse erroneamente che provenissero appunto dalla Norvegia, il nome è rimasto.

                                                                                                                         Maurizio Teruzzi